Novena di preparazione alla Festa dell’
Esaltazione della Santa Croce
PRIMO Giorno
Testamento del nostro Salvatore sulla croce
Conficcato il legno della santa croce sul monte Calvario, il Verbo incarnato, crocifisso su di essa, prima di pronunciare le sette parole, si rivolse interiormente all'Onnipotente e disse:
Padre mio, da questo albero della croce io vi confesso e vi esalto con il sacrificio dei miei dolori e della mia passione e morte, poiché con l'unione ipostatica della natura divina innalzaste la mia umanità alla suprema dignità, cosicché sono Cristo, Dio e uomo, unito alla vostra stessa divinità.
Vi lodo perché comunicaste alla mia umanità fin dal momento dell'incarnazione la pienezza di tutti i doni possibili di grazia e di gloria.
Fin dal principio mi deste per tutta l'eternità il dominio totale e pieno su tutte le creature.
Mi faceste sovrano dei cieli, del sole, della luna, delle stelle, del fuoco, dell'aria, della terra, dei mari e di tutti gli esseri sensibili e insensibili che vivono in essi.
Mi affidaste l'ordinamento dei tempi, dei giorni e delle notti conferendomi dominio e potere su tutto, secondo la mia volontà o il mio arbitrio.
Mi costituiste capo e re di tutti gli angeli e degli uomini perché li governassi e comandassi, e perché premiassi i buoni e castigassi i cattivi.
Mi donaste la potestà e le chiavi dell'abisso perché faccia quello che voglio dal supremo delle altezze fino al profondo degli inferi.
Mi assegnaste la giustificazione dei mortali, i loro imperi, regni e principati, i grandi e i piccoli, i poveri e i ricchi.
Per opera vostra sono diventato per tutto il genere umano sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, Signore della morte e della vita, della santa Chiesa e dei suoi tesori, delle Scritture, dei misteri, dei sacramenti, delle leggi e dei doni della grazia.
Tutto ciò, o Padre mio, poneste nelle mie mani e lo subordinaste al mio volere, e perciò vi magnifico e vi onoro.
E ora che morendo in croce mi separo da questo mondo per fare ritorno alla vostra destra, ora che ho compiuto con la mia passione l'opera della redenzione che mi affidaste, è mio anelito che proprio questa croce sia il tribunale della nostra giustizia e misericordia.
Inchiodato su di essa voglio giudicare gli stessi per cui offro la vita.
Giustificando la mia causa voglio dispensare i tesori che ho meritato con il mio supplizio.
Sia fin da adesso stabilito il compenso che spetta a ciascuno dei giusti e dei reprobi, conformemente alle azioni con cui mi avranno amato o rifiutato.
Ho cercato e chiamato tutti gli uomini alla mia amicizia, e dall'istante in cui mi sono incarnato ho faticato incessantemente per loro.
Ho sopportato molestie, fatiche, offese, insolenze, derisioni, flagelli, corone di spine e adesso patisco l'amarissima morte sul duro legno.
Per tutti ho implorato la vostra immensa pietà e ho pregato vegliando notti intere; ho digiunato, sono stato pellegrino e forestiero per insegnare loro il cammino della vita eterna che da parte mia desidero per tutti perché per tutti l'ho guadagnato senza alcuna eccezione né esclusione, come per tutti ho fondato e stabilito la legge di grazia.
La Chiesa in cui possono trovare la salvezza sarà stabile e ferma nei secoli dei secoli.
Nella nostra sapienza e provvidenza conosciamo, Padre mio, che per la malizia e la cattiveria degli uomini non tutti vogliono acquisire la beatitudine senza fine, né avvalersi della nostra misericordia e intraprendere la via che ho tracciato per loro con il mio esempio e con la crocifissione stessa; essi invece seguono il loro peccato fino alla perdizione.
Voi siete giusto e retto nei vostri giudizi e poiché mi avete costituito giudice dei vivi e dei morti, dei buoni e dei malvagi, è d'uopo che io dia ai giusti il premio meritato per essere venuti dietro a me e per avermi servito, e ai cattivi il castigo per la loro perversa ostinazione: i primi abbiano parte con me della mia eredità e i secondi ne vengano privati, dal momento che non vollero accettarla.
Ordunque, nel vostro e mio nome vi esalto: accogliete la mia ultima volontà che è conforme alla vostra eterna e divina.
Chiedo innanzitutto che fra tutte le creature la mia purissima Madre, nel grembo della quale mi incarnai, sia nominata erede unica e universale di tutti i miei beni di natura, grazia e gloria, affinché ne sia la signora con pieno potere.
Le concedo già fin d'ora in effetti tutto ciò che come pura creatura può ricevere dalla grazia, mentre i beni della gloria li prometto e riservo per il futuro.
È mia brama anche che gli angeli e gli uomini siano suoi, le appartengano ed ella possa esercitare su di essi l'assoluto dominio: tutti le obbediscano e la servano.
I demoni invece devono temerla ed essere a lei soggiogati.
Pure le creature prive di ragione devono esserle sottomesse: i cieli, gli astri, i pianeti, gli elementi e tutti gli esseri viventi sulla terra e nel mare, gli uccelli, i pesci e gli altri animali.
La costituisco sovrana di tutto, affinché tutti la onorino.
Similmente desidero che ella sia depositaria e dispensatrice di tutti i beni dell'universo.
Ciò che ella disporrà e ordinerà nella Chiesa per i miei figli, sarà confermato nell'empireo dalle tre divine Persone.
E tutto ciò che domanderà a favore dei mortali ora, in avvenire e sempre lo concederemo secondo il suo volere.
Dispongo inoltre che agli angeli, che compirono la vostra volontà, appartenga il supremo cielo come propria e imperitura abitazione nell'estasi e somma gioia della chiara visione della nostra divinità, e che posseggano eternamente la felicità della comunione con noi.
Comando ad essi che riconoscano mia Madre come loro regina, la servano, l'accompagnino, l'assistano, la portino sulle loro mani in ogni luogo e tempo; obbediscano a ogni suo comando ed eseguano tutto ciò che ella vorrà loro ordinare.
Esilio e separo dalla nostra vista i diavoli, in quanto a noi ribelli, li condanno ad essere oggetto del nostro aborrimento e all'eterna privazione della nostra amicizia e gloria, della visione di Maria, dei beati e dei giusti; assegno loro come definitiva dimora il luogo più distante dal nostro trono regale, l'inferno, il centro della terra, dove sono privati della luce e costretti a sentire l'orrore delle tenebre più fitte.
Sia questa la parte di eredità scelta per la loro superbia e ostinazione: si ribellarono infatti contro l'essere divino e i suoi disegni.
Vengano dunque puniti, condannati all'ergastolo dell'oscurità e tormentati con fuoco inestinguibile.
Da tutta l'umana natura, con la pienezza del mio beneplacito, chiamo, eleggo e prescelgo tutti i giusti e predestinati che per mezzo della mia grazia e imitazione devono essere salvi poiché hanno adempiuto la mia volontà e obbedito alla mia santa legge.
Nomino questi, al primo posto dopo la purissima Vergine, eredi di tutte le mie promesse e benedizioni, dei misteri, dei tesori dei sacramenti, dei segreti delle sacre Scritture.
Li faccio eredi della mia umiltà e mansuetudine di cuore; delle virtù della fede, speranza e carità; della prudenza, giustizia, fortezza e temperanza; dei miei doni; della mia croce, delle fatiche, degli obbrobri, del disprezzo, della povertà e nudità che ho subito.
Sia questa la loro parte di eredità nella vita presente.
Poiché la devono scegliere con l'esercizio delle buone opere, sappiano, per poterlo fare con gioia, che essa è il pegno della mia amicizia, la stessa che ho scelto per me.
Offro la mia protezione e difesa, le mie sante ispirazioni, i favori di grazia e potenti aiuti, la giustificazione secondo la loro disposizione, preparazione e carità.
Sarò per loro padre, fratello e amico ed essi saranno miei figli eletti e carissimi.
Come tali li dichiaro eredi di tutti i miei meriti e tesori, senza limitazione alcuna, per quanto dipende da me.
Voglio che essi facciano parte della Chiesa, partecipino dei sacramenti e possano conseguire tutto ciò che saranno capaci di ricevere secondo la loro disponibilità, e possano ricuperare la grazia e i beni nel caso in cui dovessero perderli, ritornando a me rinnovati e lavati interamente col mio sangue.
Desidero intensamente che in tutte queste circostanze sia propizia l'intercessione della Regina e dei miei santi: ella li riconosca come figli e li protegga e li consideri sua proprietà; gli angeli li difendano, li custodiscano, li portino nelle loro mani, perché non inciampino e, se dovessero cadere, li aiutino a risollevarsi.
E ancora chiedo che i miei giusti ed eletti superino in eccellenza i reprobi e i demoni: i miei nemici devono temerli ed essere loro soggetti; tutti gli esseri ragionevoli o privi di ragione si pongano al loro servizio; i cieli, i pianeti, gli astri e i loro influssi li conservino e trasmettano loro la vita; il suolo, gli elementi e gli animali siano il loro sostentamento.
Le creature che mi appartengono si sottomettano ad essi come a fratelli ed amici miei, e la loro benedizione conceda la rugiada del cielo e terre grasse e abbondanza di frumento e mosto.
Ancora voglio porre le mie delizie tra i figli dell'uomo, comunicare loro i miei segreti, conversare con loro con fiducia e, fintanto che vivranno nella Chiesa militante, essere presente sotto le specie del pane e del vino, in pegno e caparra ineffabili dell'eterna felicità e gloria.
Questo prometto loro, di queste li costituisco eredi affinché ne abbiano in cielo con me il perenne possesso e gaudio.
Stabilisco e in qualche modo concedo che nell'esistenza peritura l'eredità dei dannati e di coloro che sono rifiutati da noi sia la concupiscenza della carne, degli occhi e la superbia della vita con tutte le sue conseguenze, quantunque siano stati creati per un altro fine ben più alto.
Si cibino pure e si sazino della sabbia della terra, ossia delle sue ricchezze, della corruzione e dei piaceri, del fumo della vanità e della presunzione di questo mondo.
Essi, per acquistare il possesso di queste cose, si sono dati da fare e in tale preoccupazione hanno impiegato la loro volontà e i sensi.
In questa direzione hanno usato le capacità, le elargizioni che abbiamo loro concesso e, per propria scelta, si sono lasciati ingannare, aborrendo quanto ho loro insegnato nella mia santa legge.
Hanno rinunciato alla verità che ho scritto nel loro cuore come anche a quella ispirata dalla mia grazia; hanno disprezzato la mia dottrina e i miei benefici e hanno dato ascolto ai miei nonché loro avversari, accettando l'inganno.
Hanno amato la vanità, operato l'iniquità, assecondato l'ambizione e, compiacendosi della vendetta, hanno perseguitato i poveri, umiliato i retti, oltraggiato i semplici e gli innocenti.
Nella ricerca della propria esaltazione, hanno voluto innalzarsi sopra i cedri del Libano secondo i principi dell'ingiustizia.
Poiché hanno fatto tutto ciò per offendere la nostra bontà e sono rimasti ostinati nella loro perfidia rinunciando al diritto da me acquisito di essere figli, li diseredo e li escludo dalla mia amicizia e gloria.
Come Abramo allontanò da sé i figli delle concubine con alcuni doni e riservò la maggior parte dell'eredità per Isacco, il figlio di Sara, donna libera, così io escludo dalla mia eredità i dannati e lascio loro solamente i beni caduchi che essi stessi hanno scelto.
Li separo dalla nostra compagnia, da quella di mia Madre, dei ministri celesti e dei santi e li condanno alle carceri eterne e al fuoco dell'inferno insieme a lucifero e ai suoi, che essi hanno servito liberamente, e li privo per sempre della speranza nella redenzione.
Padre mio, questa è la sentenza che pronuncio come giudice e capo degli uomini e degli angeli; questo è il testamento che dispongo per la mia morte e per l'opera della redenzione umana, garantendo a ciascuno ciò che gli spetta secondo giustizia, conformemente alle azioni compiute, al decreto della vostra incomprensibile sapienza e all'imparzialità della vostra perfetta equità.
Così parlò Cristo nostro salvatore sulla croce con l'Altissimo. Questo mistero restò sigillato e serbato nel cuore di Maria come un testamento occulto e chiuso, affinché per sua intercessione e disposizione, al tempo opportuno e da quel momento in poi, fosse eseguito nella comunità ecclesiale.
In realtà in quell'ora si incominciò la sua esecuzione ed attuazione in conformità alla conoscenza e previsione divina in cui tutto, passato e futuro, è allo stesso tempo unito e presente.
tratto dalla Mistica Città di Dio [Libro sesto Capitolo 22]– Venerabile Maria d’Agreda
Novena di preparazione alla Festa dell’
Esaltazione della Santa Croce
SECONDO Giorno
dice Gesù:
Fammi sentire la tua voce, che ricrea il mio udito, conversiamo un poco insieme.
Io ti ho parlato tante volte della Croce; oggi fammi sentire parlare te della Croce
Io mi sentivo tutta confusa, non sapevo che dire, ma mandandomi Lui un raggio di
luce intellettuale, per contentarlo, ho incominciato a dire:
“Diletto mio, chi ti può dire che cosa è la Croce e che fa la Croce? Solo la tua bocca
può degnamente parlare della sublimità della Croce, ma giacché vuoi che parli io pure,
lo faccio.
La CROCE
sofferta da Voi mi liberò dalla schiavitù del demonio, e mi sposò alla Divinità con nodo indissolubile;
la CROCE
è feconda, e mi partorisce la grazia;
la CROCE
è luce e mi disinganna del temporale, e mi svela l’eterno;
la CROCE
è fuoco e mette in cenere tutto ciò che non è di Dio, fino a svuotarmi il cuore d’un minimo filo d’erba che possa starci.
la CROCE
è moneta d’inestimabile prezzo, e se io avrò, Sposo Santo, la fortuna di possederla mi arricchirò di monete eterne, fino a rendermi la più ricca in Paradiso, perchè la moneta che corre in Cielo è la croce sofferta in terra.
la CROCE,
poi, non solo mi fa conoscere me stessa, ma mi dà anche la conoscenza di Dio.
la CROCE
mi innesta tutte le virtù.
la CROCE
è la nobile Cattedra dell’increata Sapienza, che mi insegna le dottrine più elevate, sottili e sublimi.
la CROCE,
da sola, mi svelerà i misteri più nascosti, le cose più recondite, la perfezione più perfetta, tutto ciò essendo nascosto ai dotti ed ai sapienti del mondo.
la CROCE
è acqua benefica che non solo mi purifica, ma mi somministra anche il nutrimento per le virtù, facendomele crescere, e mi lascia soltanto quando sarò ricondotta alla Eterna Vita.
la CROCE
è rugiada celeste che mi conserva ed abbellisce il bel giglio della purità.
la CROCE
è l’alimento della Speranza.
la CROCE
è la fiaccola della Fede operante.
la CROCE
è legno asciutto che conserva e mantiene sempre acceso il fuoco della Carità.
la CROCE
è legno asciutto che fa svanire e mette in fuga tutti i fumi di superbia e di vanagloria e produce nell’anima l’umile viola dell’umiltà.
la CROCE
è l’arma più potente che offende i demoni e mi difende da tutti i loro artigli.
L’anima, che possiede la CROCE,
è invidiata ed ammirata dagli stessi Angeli e Santi e suscita rabbia e sdegno nei demoni.
la CROCE
è il mio Paradiso in terra; se nel Paradiso dei Beati ci sono i godimenti, nel Paradiso in terra ci sono i patimenti.
la CROCE
è la catena d’oro purissimo che mi congiunge con Voi, mio Sommo Bene, formando l’unione più intima possibile, fino a fare scomparire l’essere mio, tramutandomi in Voi e vivente della stessa Vostra Vita.
Dopo che ho detto questo (non so se sono spropositi) l’amabile mio Gesù, nel
sentirmi, tutto si è compiaciuto e, preso da entusiasmo d’amore, tutta mi ha baciata e mi
ha detto:
Brava, brava la mia diletta, hai detto bene! L’amor mio è fuoco, ma non
come il fuoco terreno, che dovunque penetra rende sterile e mette tutto in cenere.
Il
mio fuoco è fecondo e solo sterilisce tutto ciò che non è virtù, ma dà vita a tutto il
resto e fa germogliare i bei fiori, fa produrre i più squisiti frutti e rende l’anima il più
delizioso giardino celeste.
La Croce è tanto potente e le ho comunicato tanta grazia,
da renderla più efficace degli stessi sacramenti, e questo perché nel ricevere il
sacramento del mio Corpo, ci vogliono le disposizioni e il libero concorso dell’anima
per ricevere le mie grazie, che molte volte possono mancare, ma la croce ha virtù di
disporre l’anima alla grazia.
tratto Libro di Cielo [Volume terzo, 2 dicembre 1899]– Luisa Piccarreta
Novena di preparazione alla Festa dell’
Esaltazione della Santa Croce
TERZO Giorno
Questa mattina il mio adorabile Gesù si è fatto vedere crocifisso e, dopo avermi
comunicato le sue pene, mi ha detto:
Molte sono le piaghe che mi fecero soffrire nella
mia passione, ma una fu la croce; ciò significa che molte sono le strade con cui tiro le
anime alla perfezione, ma uno è il Cielo in cui queste anime devono unirsi.
Sicché,
sbagliato quel Cielo, non c’è alcun altro che possa renderle beate per sempre.
Poi ha soggiunto:
Guarda un poco, una è la croce, ma di vari legni fu formata detta
croce.
Ciò vuol dire che uno è il Cielo, ma questo Cielo contiene vari posti, più o meno
gloriosi, e a misura delle sofferenze sofferte quaggiù, più o meno pesanti, saranno
distribuiti.
Oh, se tutti conoscessero la preziosità del patire, farebbero a gara, a chi
più volesse patire; ma questa scienza, dal mondo non viene conosciuta. Perciò
aborriscono tutto ciò che può renderli più ricchi in eterno.
tratto Libro di Cielo [Volume secondo, 31 marzo 1899]– Luisa Piccarreta
Continua il mio adorabile Gesù a venire, a momenti appena e come ombra, e anche
nel venire non dice niente.
Questa mattina, dopo avermi rinnovato i dolori della croce
per ben due volte, guardandomi con tenerezza mentre stavo soffrendo lo spasimo delle
trafitture dei chiodi, mi ha detto:
La Croce è uno specchio dove l’anima rimira la
Divinità e rimirandosi ne ritrae i lineamenti, la somiglianza più consimile a Dio.
La
Croce non solo si deve amare, desiderare, ma farsene un onore, una gloria della
stessa Croce, e questo è operare da Dio e diventare come Dio per partecipazione,
perché Io solo mi gloriai della Croce e mi feci un onore del patire, e la amai tanto,
che in tutta la mia vita non volli stare un momento senza la Croce.
Chi può dire ciò che comprendevo della Croce, da questo parlare del benedetto
Gesù?
Ma mi sento muta ad esprimerlo con le parole.
Ah, Signore, Ti prego di tenermi
sempre confitta in croce, affinché avendo sempre innanzi questo specchio divino, possa
tergere tutte le mie macchie e abbellirmi sempre più a tua somiglianza.
tratto Libro di Cielo [Volume terzo, 20 aprile 1900]– Luisa Piccarreta
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Esaltazione della Santa Croce
QUARTO Giorno
dice Gesù:
La croce dispone l’anima alla pazienza.
La croce apre il Cielo e unisce Cielo e
terra, cioè, Dio e l’anima.
La virtù della croce è potente e quando entra in un’anima,
non solo ha la virtù di togliere la ruggine di tutte le cose terrene, ma le dà la noia, il
fastidio, il disprezzo delle cose della terra e, invece, poi, le rende il sapore, il
gradimento delle cose celesti, ma da pochi viene riconosciuta la virtù della croce,
perciò la disprezzano.
Chi può dire quante cose ho compreso della croce mentre Gesù parlava? Il parlare di
Gesù non è come il nostro, che tanto si capisce quanto si dice, ma una sola parola lascia
una luce immensa ed esaminandole bene, potrebbe far stare occupato tutto il giorno in
profondissima meditazione.
Perciò, se io volessi dire tutto, andrei troppo per le
lunghe ed anche mi mancherebbe il tempo a farlo.
tratto Libro di Cielo [Volume secondo, 16 maggio 1899]– Luisa Piccarreta
Avendo fatta la Comunione, il mio dolce Gesù si è fatto vedere tutto affabilità e,
siccome mi pareva che il Confessore mettesse l’intenzione della crocifissione, la mia
natura sentiva quasi una ripugnanza a sottomettersi.
Il mio dolce Gesù, per rincorarmi,
mi ha detto:
Figlia mia, se l’Eucaristia è caparra della gloria futura, la Croce è sborso
per comperarla.
Se l’Eucaristia è seme che impedisce la corruzione ed è come quelle
erbe aromatiche con cui, ungendosi i cadaveri, non restano corrotti, e dona l’immortalità
all’anima e al corpo, la Croce l’abbellisce ed è tanto potente che, se si contraggono
debiti, essa se ne fa mallevadrice e con maggior sicurezza si fa restituire la
scrittura del debito contratto, e dopo che ha soddisfatto ogni debito forma all’anima il
trono più sfolgorante nella gloria futura.
Ah, sì, la Croce e l’Eucaristia si avvicendano
insieme ed una opera più potentemente dell’altra
Poi ha soggiunto:
La Croce è il mio letto fiorito, non perché non soffrissi atroci
spasimi, ma perché per mezzo della Croce partorivo tante anime alla grazia, vedevo
spuntare tanti bei fiori che producevano tanti frutti celesti.
Quindi, vedendo tanto
bene, tenevo a mia delizia quel letto di dolore e mi dilettavo della croce e del patire.
Anche tu, figlia mia, prendi come delizie le pene e dilettati di stare crocifissa nella mia
croce.
No, no, non voglio che tema il patire, quasi volessi operare da infingarda; su,
coraggio, opera da valorosa ed esponiti tu stessa al patire.
Mentre così diceva, vedevo il mio buon Angelo che stava preparato per crocifiggermi,
ed io da sola ho disteso le braccia e l’Angelo mi ha crocifisso.
Oh, come godeva
il buon Gesù per il mio patire e quanto ero contenta io, che potevo dar gusto a Gesù
essendo un’anima così miserabile!
Mi pareva che fosse un grande onore per me il patire
per amor suo.
tratto Libro di Cielo [Volume terzo, 1 maggio 1900]– Luisa Piccarreta
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Esaltazione della Santa Croce
QUINTO Giorno
Questa mattina Gesù ha voluto rinnovare le pene della crocifissione. Prima mi ha
trasportata fuori di me stessa, sopra un monte, e mi ha domandato se volevo crocifiggermi;
ed io:
Sì, Gesù mio, non altro bramo che la croce.
Mentre così dicevo, si è
presentata una croce grandissima, sopra di essa mi ha distesa e con le sue proprie mani
mi ha inchiodato.
Che pene atroci soffrivo, nel sentirmi trapassare le mani e piedi da
quei chiodi, che per giunta erano spuntati e per farli penetrare si stentava e si soffriva
molto, ma con Gesù riusciva tutto tollerabile.
Dopo che ha terminato di crocifiggermi mi ha detto:
Figlia mia, mi servo di te per
poter continuare la mia Passione.
Siccome il mio corpo glorificato non può essere
capace di più soffrire, onde venendo in te, mi avvalgo del tuo corpo come mi avvalsi
del mio nel corso della mia vita mortale, per poter continuare a soffrire la mia
Passione e così poterti offrire innanzi alla divina giustizia come vittima vivente di
riparazione e di propiziazione.
tratto Libro di Cielo [Volume secondo, 9 luglio 1899]– Luisa Piccarreta
Questa mattina mi son trovata fuori di me stessa e ho visto tutto il cielo cosparso di
croci, alcune piccole, altre grandi, altre medie.
Quelle più grandi, davano più splendore.
Era un incanto dolcissimo vedere tante croci più risplendenti del sole che abbellivano il
firmamento.
Dopo ciò, parve che si aprisse il Cielo e si vedeva e sentiva la festa che
veniva fatta dai Beati alla croce.
Chi più aveva sofferto era più festeggiato in questo
giorno.
Si distinguevano in modo speciale i martiri e chi aveva sofferto di nascosto.
Oh,
come si stimava la croce e chi più aveva sofferto, in quel beato soggiorno!
Mentre ciò vedevo, ha risuonato per tutto l’Empireo una voce che diceva:
Se il
Signore non mandasse le croci sulla terra, sarebbe come un padre che non ha amore
per i propri figli e che, invece di volerli vedere onorati e ricchi, li vuol vedere poveri e
disonorati.
tratto Libro di Cielo [Volume terzo, 3 maggio 1900]– Luisa Piccarreta
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Esaltazione della Santa Croce
SESTO Giorno
Il mio adorabile Gesù questa mattina si è fatto vedere con una croce d’oro pendente
al collo, tutta risplendente, e guardandola se ne compiaceva immensamente.
In un
istante si è trovato il Confessore presente e Gesù gli ha detto:
Le sofferenze dei giorni passati hanno accresciuto lo splendore della croce, tanto che guardandola provo
molto piacere.
Poi si è rivolto a me e mi ha detto:
La croce comunica un tale splendore all’anima
da renderla trasparente, e siccome quando un oggetto è trasparente gli si può dare
tutti i colori che si vogliono, così la croce, con la sua luce dà tutti i lineamenti e le
forme più belle che mai si possano immaginare, non solo dagli altri, ma anche
dall’anima stessa che li prova.
Oltre a ciò, in un oggetto trasparente subito si scopre
la polvere, le piccole macchie e anche l’adombramento.
Tale è la croce: siccome
rende l’anima trasparente, subito fa scoprire all’anima i piccoli difetti, le minime
imperfezioni, tanto che non c’è mano maestra più abile della croce, a fare che tenga
l’anima preparata per renderla degna abitazione del Dio del Cielo.
Chi può dire ciò che ho compreso della croce e quanto è da invidiare l’anima che la
possiede?
tratto Libro di Cielo [Volume secondo, 22 luglio 1899]– Luisa Piccarreta
Trafitta Mamma mia, insieme con Te dico addio a Gesù e, piangendo, voglio compatirti ed accompagnarti nella tua amara desolazione.
Voglio mettermi al tuo fianco, per darti ad ogni tuo sospiro, affanno e dolore, una parola di conforto, uno sguardo di compassione.
Raccoglierò le tue lacrime e Ti sosterrò nelle mie braccia, se Ti vedrò venir meno.
Ma vedo che sei costretta a ritornare a Gerusalemme dalla via donde venisti.
Appena pochi passi, e già Ti si fa innanzi la croce, sulla quale Gesù tanto ha sofferto ed è poi morto.
Tu corri, l’abbracci e, vedendola tinta di Sangue, uno per uno, si rinnovano nel tuo Cuore i dolori che Gesù ha sofferto su di essa.
Ma non potendo contenere il dolore, singhiozzando, esclami:
“O croce, come?!
Così crudele con mio Figlio?
Ah, in nulla Lo hai risparmiato!
Che male ti aveva fatto?
Non hai permesso a Me, dolente Mamma, di dargli neppure un sorso d’acqua mentre lo chiedeva, e alla bocca riarsa hai dato fiele ed aceto.
Il mio Cuore trafitto Me lo son sentito liquefare ed avrei voluto apprestare a quelle labbra il mio Cuore liquefatto per dissetarlo, ma ebbi il dolore di vedermi respinta.
O croce,
crudele sì,
ma santa,
perchè divinizzata e santificata dal contatto del mio Figlio!
Quella crudeltà che usasti con Lui, ricambiala in compassione per i miseri mortali;
e per le pene che ha sofferto su di te, impetra grazia e forza alle anime che soffrono, affinchè nessuna si perda per causa di tribolazioni e croci.
Troppo mi costano le anime,
mi costano la vita d’un Figlio-Dio; ed Io, come Corredentrice e Madre, le lego a te, o croce”.
E baciandola e ribaciandola, parti.
tratto Orologio della Passione [Ventiquattresima ora]– Luisa Piccarreta
Novena di preparazione alla Festa dell’
Esaltazione della Santa Croce
SETTIMO Giorno
dice Gesù:
Figlia mia, la via della croce è una via battuta di stelle, e conforme si cammina,
quelle stelle si cambiano in soli luminosissimi.
Quale felicità sarà per l’anima, per
tutta l’eternità, l’essere circondata da questi soli?
Poi, il premio grande che do alla
croce è tanto, che non c’è misura, né di larghezza, né di lunghezza; è quasi
incomprensibile alle menti umane, e questo perché nel sopportare le croci non ci può
essere niente di umano, ma tutto è divino.
tratto Libro di Cielo [Volume secondo, 22 ottobre 1899]– Luisa Piccarreta
Dice Gesù:
«Scrivi: “Contro il potere del Demonio ogni potere ha la Croce”, e poi descrivi quanto vedrai.
È la settimana di Passione: la preparatoria al trionfo della Croce.
La croce è velata sugli altari, ma il Crocifisso è più che mai operante sul suo glorioso patibolo, dietro il suo velo, per chi lo ama e invoca. Descrivi.»
Vedo una giovane, poco più di giovinetta. È alle prese con un giovane sulla trentina.
La giovane è bellissima. Alta, bruna, ben formata. Anche il giovane è bello. Ma quanto la giovane ha l’aspetto dolce pur nella sua severità, altrettanto questo uomo sotto il suo imposto sorriso ha un che poco simpatico.
Sembra che sotto una patina di benevolenza abbia animo torbido e bieco.
Fa delle grandi proteste di affetto alla giovane, dichiarandosi pronto a fare di lei una sposa felice, regina del suo cuore e della sua casa. Ma la giovane, che sento chiamare “Giustina”, respinge queste profferte d’amore con serena costanza.
“Ma tu potresti fare di me un santo del tuo Dio, Giustina. Poiché tu sei cristiana, lo so. Ma io non sono nemico dei cristiani. Non sono incredulo sulle verità d’oltre tomba. Credo all’altra vita e all’esistenza dello spirito. Credo che esseri spirituali vegliano su noi e si manifestano e ci aiutano. Io pure ne ho aiuto. Come vedi, credo quanto tu credi, né potrò mai accusarti perché dovrei accusare me pure del tuo stesso peccato. Non credo, come tanti, che i cristiani siano uomini che esercitano magia malvagia. E sono convinto che noi due insieme uniti faremo grandi cose”.
“Cipriano, non insistere. Io non discuto le tue credenze. Voglio anche credere che uniti faremo grandi cose. Non nego neppure d’esser cristiana e voglio ammettere che tu ami i cristiani. Pregherò che tu li abbia ad amare al punto da divenire un campione fra essi.
Allora, se Dio vorrà, noi saremo congiunti in una sorte. In una sorte tutta spirituale, però. Perché d’altre unioni io sono schiva, volendo serbare tutta me stessa al mio Signore per conseguire quella Vita nella quale dici di credere tu pure, e giungere a possedere l’amicizia con quegli spiriti che anche tu ammetti siano veglianti su noi e operanti, in nome del Signore, opere di bene”.
“Bada, Giustina! Il mio spirito protettore è potente. Ti piegherà a cedermi”.
“Oh! no. Se egli è spirito di Cielo non potrà che volere ciò che Dio vuole. E Dio per me vuole verginità, e spero martirio. Non potrà perciò il tuo spirito indurmi a cosa contraria al volere di Dio.
Ché se poi fosse spirito non di Cielo, allora nulla potrà su me, su cui è a difesa alzato il segno vincitore. Nella mente, nel cuore, nello spirito, sulla carne è vivo quel segno, e carne, mente, cuore, spirito saranno vittoriosi su qualunque voce che non sia quella del mio Signore.
Va’ in pace, fratello, e Dio ti illumini a conoscere il vero. Io pregherò per la luce dell’anima tua”.
Cipriano lascia la casa brontolando minacce che non comprendo bene. E Giustina lo guarda partire con lacrime di pietà. Poi si ritira in preghiera dopo aver rassicurato due vecchiotti, certo i genitori, accorsi appena partito il giovane.
“Non temete. Dio ci proteggerà e farà nostro Cipriano. Pregate voi pure e abbiate fede”.
La visione ha due parti, come se il luogo si bipartisse.
In una vedo la camera di Giustina e nell’altra una stanza nella dimora di Cipriano.
La prima prega prostrata davanti ad una croce nuda, graffita fra due finestre come fosse un ornato e sormontata dalla figura dell’Agnello, fiancheggiata da una parte dal pesce e dall’altra da una fonte che pare attingere il suo liquido dalle gocce di sangue sgorganti dalla gola squarciata dell’Agnello mistico.
Comprendo sono figure del simbolismo cristiano in auge in quei tempi crudeli.
A mezz’aria sopra Giustina, prostrata in preghiera, è sospesa una luminosità dolce che, sebbene incorporea, ha parvenza di essere angelico.
Nella stanza di Cipriano, invece, in mezzo a strumenti cabalistici e segni cabalistici e magici, è lo stesso Cipriano intento a trafficare intorno ad un tripode su cui getta sostanze resinose, direi, che fanno dense volute di fumo, e a tracciare su esse dei segni, mormorando parole di qualche oscuro rito.
Nell’ambiente, che si satura di una nebbia azzurrognola che vela i contorni delle cose e fa apparire il corpo di Cipriano come dietro a lontananze d’acque tremule, si forma un punto fosforescente che ingrandisce piano piano sino a raggiungere un volume simile a quello di un corpo umano.
Odo delle parole ma non ne capisco il significato. Vedo però che Cipriano si inginocchia e dà segni di venerazione come pregasse un potente.
La nebbia dispare lentamente e Cipriano è di nuovo solo.
Nella stanza di Giustina avviene invece un mutamento. Un punto fosforico e danzante come fuoco fatuo stringe cerchi sempre più stretti intorno alla giovane orante.
Il mio interno ammonitore mi avverte che è l’ora della tentazione per Giustina e che quella luce cela un maligno il quale, con suscitare sensazioni e visioni mentali, cerca persuadere al senso la vergine di Dio.
Io non vedo ciò che ella vede. Vedo solo che ella soffre e che, quando sta per essere sopraffatta, supera la potenza occulta col segno della croce tracciato su se stessa con la mano e nell’aria con una crocetta che si è levata dal seno.
Quando, alla terza volta, la tentazione deve essere violenta, Giustina si addossa alla croce graffita sul muro e alza a due mani davanti a sé l’altra piccola crocetta.
Sembra un combattente isolato che si difenda al tergo stando addossato ad un incrollabile riparo e davanti con uno scudo invincibile.
La luce fosforica non resiste a quel duplice segno e dilegua.
Giustina resta in preghiera.
Qui vi è una lacuna, perché la visione appare troncata. Ma la ritrovo poi negli stessi personaggi.
Ancora è la vergine e Cipriano, in un serrato colloquio al quale assistono molti individui, che si uniscono a
Cipriano nel pregare la fanciulla a cedere ed a sposarsi per liberare la città da una pestilenza.
“Non io” risponde Giustina “devo cambiare pensiero, ma Cipriano vostro. Si liberi egli dalla schiavitù col suo spirito malvagio e la città sarà salva. Io, ora più che mai, resto fedele al Dio in cui credo e a Lui tutto sacrifico per il bene di voi tutti. Ed or si vedrà se il potere del mio Dio è superiore a quello dei vostri dèi e del Malvagio che costui adora”.
La folla tumultua, parte contro Cipriano e parte contro la giovane…
… che io ritrovo poi unita al giovane, ormai molto più adulto e con i
segni talari addosso: pallio e tonsura in tondo, non più coi
capelli ornati e piuttosto lunghi che aveva prima.
Sono nella prigione di Antiochia in attesa del supplizio, e Cipriano ricorda alla compagna un antico discorso.
“Or dunque si compie ciò che in diversa maniera profetammo aversi a compire. La tua croce ha vinto, Giustina. Tu sei stata la mia maestra, non la mia sposa.
Tu mi hai liberato dal male e condotto alla Vita. Quando lo spirito tenebroso che adoravo mi confessò la sua impotenza a vincerti, ho compreso. ‘Essa vince per la Croce’ mi ha detto.
‘Il mio potere è nullo su di lei. Il suo Dio Crocifisso è più potente di tutto l’Inferno riunito. Egli mi ha già vinto infinite volte e sempre mi vincerà. Chi crede in Lui e nel suo Segno è salvo da ogni insidia. Solo chi in Lui non crede e spregia la sua Croce cade in nostro potere e perisce nel nostro fuoco’.
Non ho voluto andare a quel fuoco.
Ma conoscere il Fuoco di Dio che ti faceva così bella e pura, così potente e santa. Tu sei la madre dell’anima mia e, posto che mi sei madre, in quest’ora, te ne prego, nutri la mia debolezza della tua forza perché insieme si salga a Dio”.
“Tu ora sei il mio vescovo, fratello mio. Nel nome del Cristo Signore nostro assolvimi da ogni colpa perché più pura del giglio io ti preceda nella gloria”.
“Io ti benedico, non ti assolvo, ché colpa non è in te. E tu perdona al tuo fratello di tutte le insidie che ti ha teso. Prega per me che tanto errore ho fatto”.
“Il tuo sangue e il tuo amore presente lavano ogni traccia d’errore.
Ma preghiamo insieme: Pater noster…”.
Entrano dei carcerieri a turbare l’augusta preghiera.
“Non vi bastano ancora i tormenti? Resistete ancora? Non sacrificate agli dèi?”.
“A Dio facciamo il sacrificio di noi. Al Dio vero, unico, eterno, santo.
Dateci la Vita. Quella vogliamo. Per Gesù Cristo Signore del mondo e di Roma, per il Re potente davanti al quale Cesare è polvere meschina, per il Dio davanti al quale si piegano gli angeli e tremano i demoni, a noi la morte”.
I carnefici li rovesciano inferociti al suolo, li trascinano senza poterli disgiungere, ché le mani dei due eroi di Cristo sono saldate l’una all’altra.
Così vanno al luogo del martirio che pare una delle solite aule dei Questori. E due fendenti, calati da due nerboruti giustizieri, spiccano i due capi eroici e dànno alle anime ali per il Cielo.
La visione finisce così.
Dice Gesù:
«La vicenda di Giustina di Antiochia e di Cipriano è una delle più belle in favore della mia Croce.
Essa, il patibolo irrorato dal mio Sangue, ha nel corso dei secoli operato infiniti miracoli.
E ancora ne opererebbe se voi in essa aveste fede.
Ma il miracolo della conversione di Cipriano, anima in potere di satana che diventa un martire di Gesù, è uno dei più potenti e belli.
Cosa vedete, o uomini?
Una fanciulla sola con una piccola croce fra le mani e una leggera croce scalfita nel muro. Una fanciulla, con un cuore veramente convinto del potere della Croce, che in quella si rifugia per vincere.
Di fronte a lei un uomo che il mercimonio con satana fa ricco di tutti i vizi capitali.
In lui lussuria, ira, menzogna, cecità spirituale e errore. In lui sacrilegio e connubio con le forze d’Inferno. E in suo aiuto il signore dell’Inferno con tutte le sue seduzioni.
Ebbene: vince la fanciulla.
Non solo.
Ma stretto da una forza invincibile, satana deve confessare la verità e perdere il suo seguace.
Non solo vince per sé la vergine fedele. Ma vince per la sua città, liberando Antiochia dal malefizio che si sparge come pestilenza uccidendo i cittadini. E vince per Cipriano facendo di lui, servo di satana, un servo di Cristo.
Il demonio, la malattia, l’uomo, vinti da una mano di fanciulla sorreggente la croce.
Voi poco la conoscete questa mia martire.
Ma dovreste raffigurarla ritta sulla pietra che chiude l’Inferno, sotto la quale ringhia satana, vinto e prigioniero, con la piccola mano armata della croce.
E ricordarvela così, ed imitarla così. Poiché satana ora più che mai scorre sulla Terra e scatena le sue forze di male per farvi perire.
E non c’è che la Croce che lo possa vincere.
Ricordate che esso stesso ha confessato:
“Il Dio Crocifisso è più potente di tutto l’Inferno. Sempre mi vincerà. Chi crede in Lui è salvo da ogni insidia”.
Fede, fede, figli miei. È questione vitale per voi. O credete e avrete bene, o non credete e sempre più conoscerete il male.
O voi che credete, usate di questo segno con venerazione.
O voi che siete dubbiosi e che col dubbio l’avete cancellato dal vostro spirito come sotto dei succhi corrosivi – e il dubbio è infatti corrosivo quanto un acido – tornate a scolpire nel vostro pensiero e nel vostro cuore questo segno che vi fa sicuri di protezione divina.
Se ora la croce è velata a simbolo della mia morte, non sia mai velata nel vostro cuore.
Come su un altare, essa in esso splenda.
E vi sia luce che vi guida al porto.
Vi sia il vessillo su cui affisserete lo sguardo beato nell’ultimo giorno, quando per quel segno Io separerò le pecore dai becchi e spingerò costoro nelle Tenebre eterne portando meco nella Luce i miei benedetti.»
Dice poi Gesù a me:
«Tu la potenza della Croce l’hai provata.
Tu non hai dubbi sulla veridicità della visione, perché tu pure hai visto fuggire satana sotto alla tua mano alzante la mia croce.
Ma quanto pochi sono quelli che credono così! E non credendo non ricorrono neppure a questo segno benedetto.
Anche questa visione è da includersi nei vangeli della Fede.
Non è Vangelo. Ma è Fede.
Ed è ancora Vangelo perché Io ho detto:
“A chi crederà in Me darò il potere di calcare serpi e scorpioni e la potenza del Nemico, e nulla gli farà male”.
La tua fede aumenti ad ogni palpito del tuo cuore. E se questo, stanco, rallenta i suoi palpiti, non rallenti il tuo credere.
Più l’ora della riunione con Dio è prossima e più occorre aumentare la fede.
Perché nell’ora della morte satana, che mai non si è stancato di turbarvi coi suoi raggiri – e astuto, feroce, lusingatore con sorrisi, con canti, con ruggiti, con sibili, con carezze e unghiate ha cercato di piegarvi – aumenta le sue operazioni per strapparvi al Cielo.
È proprio questa l’ora di abbracciarsi alla Croce, perché le onde dell’ultima satanica bufera non vi abbiano a sommergere.
Dopo viene la Pace eterna.
Animo, Maria. La Croce sia la tua forza ora e nell’ora della morte.
La croce della morte, ultima croce dell’uomo, abbia due braccia.
Una sia la mia Croce, l’altra il nome di Maria.
Allora la morte avviene nella pace dei liberati anche della vicinanza di satana.
Perché esso, il Maledetto, non sopporta la Croce e il Nome della Madre mia.
Si faccia sapere questo a molti.
Poiché tutti avete a morire e tutti abbisognate di questo insegnamento per uscire vittoriosi dall’estrema insidia di chi vi odia infinitamente.»
tratto Quaderni del 1944 [29 marzo 1944]– Maria Valtorta
Novena di preparazione alla Festa dell’
Esaltazione della Santa Croce
OTTAVO Giorno
Questa mattina, avendo fatto la santa Comunione, il mio dolce Gesù si è fatto vedere
crocifisso ed internamente mi sono sentita tirata a specchiarmi in Lui, per potermi
rassomigliare a Lui, e Gesù si specchiava in me, per tirarmi alla sua somiglianza.
Mentre così faceva, io mi sentivo infondere in me i dolori del mio crocifisso
Signore, che con tutta bontà mi ha detto:
Il tuo alimento voglio che sia il patire, non come solo patire, ma come frutto della mia Volontà.
Il bacio più sincero che lega più
forte la nostra amicizia è l’unione dei nostri voleri, e il nodo indissolubile che ci
stringerà in continui abbracci sarà il continuo patire.
Mentre ciò diceva, il benedetto Gesù si è schiodato, ha preso la sua croce e l’ha
distesa nell’interno del mio corpo, ed io sono rimasta pure tanto distesa che mi sono
sentita slogare le ossa; per di più, una mano, ma non so dire certo di chi fosse, mi ha
trapassato le mani e i piedi, e Gesù che stava seduto sulla croce distesa nel mio interno,
tutto si compiaceva del mio patire e di colui che mi trapassava le mani, e ha soggiunto:
Adesso mi posso riposare tranquillamente, non ho da prendermi neppure il fastidio
di crocifiggerti, perché l’ubbidienza vuole operare tutto essa, ed Io liberamente ti
lascio nelle mani dell’ubbidienza.
E sfuggendo da sopra la croce, si è messo sopra il mio cuore per riposarsi.
Chi può
dire quanto sono rimasta sofferente, stando in quella posizione? Dopo essere stata per
lungo tempo, Gesù non si brigava di sollevarmi come le altre volte, per farmi ritornare
nello stato mio naturale.
Quella mano che mi aveva messo sulla croce non la vedevo
più. Lo dicevo a Gesù, che mi rispondeva:
Chi ti ha messo sulla croce? Sono stato
forse Io? È stata l’ubbidienza, e l’ubbidienza ti deve togliere.
Pare che questa volta avesse voglia di scherzare e di somma grazia ho ottenuto che il
benedetto Gesù mi liberasse.
tratto Libro di Cielo [Volume terzo, 2 marzo 1900]– Luisa Piccarreta
Quando il Redentore prese su di sé la croce, la guardò con un'espressione piena di giubilo e di
inusitata allegrezza, come suole fare lo sposo nel vedere i preziosi monili della
sua sposa; parlò con essa, nel suo cuore, e l'accolse con queste parole:
O croce, bramata dall'anima mia!
Finalmente appaghi le mie aspirazioni!
Tu
mi sei così cara!
Vieni a me, o mia diletta, stringimi fra le tue braccia e su di
esse, come su un sacro altare, mio Padre riceva il sacrificio dell'eterna
riconciliazione con il genere umano.
Per morire sopra di te sono disceso dal
cielo e ho assunto carne mortale e passibile.
Tu devi essere lo scettro con il
quale trionferò su tutti i miei avversari, la chiave con cui aprirò le porte del
paradiso ai miei eletti, il luogo santo dove trovino misericordia i colpevoli
discendenti di Adamo e anche il luogo dei tesori, da cui essi possano attingere
per arricchire la loro povertà.
Mi voglio servire di te per dare valore e
considerazione agli oltraggi e agli obbrobri degli uomini, tanto da far sì che i
miei amici li abbraccino con gioia e li cerchino con desiderio ardente, per
potermi seguire sul cammino che io spianerò loro attraverso di te.
Dio immenso,
vi glorifico come sovrano dell'universo e in obbedienza al vostro divino
beneplacito prendo su di me il legno dell'immolazione della mia umanità
innocentissima e volontariamente accetto di portarlo per la salvezza dei viventi.
Accoglietemi come oblazione gradita alla vostra equità, affinché essi d'ora
innanzi non siano più servi, ma figli ed eredi: vostri eredi e coeredi con me del
vostro regno.
tratto dalla Mistica Città di Dio [Libro sesto - Capitolo 21]– Venerabile Maria d'Agreda
Novena di preparazione alla Festa dell’
Esaltazione della Santa Croce
NONO Giorno
La croce di Gesù furono le anime
Stavo facendo la mia solita adorazione al Crocifisso ed abbandonandomi tutta nel suo amabile Volere, ma mentre ciò facevo ho sentito che il mio amabile Gesù Si muoveva nel mio interno e mi diceva:
“… Figlia mia,
quante cose farà conoscere la mia Volontà di ciò che operò la mia Umanità in questa Volontà Divina!
La mia Umanità, per operare la Redenzione perfetta e completa, doveva farla nell’ambito dell’eternità: ecco la necessità d’una Volontà Eterna.
Se la mia volontà umana non avesse con sè una Volontà Eterna, tutti i miei atti sarebbero atti limitati e finiti;
invece con Questa sono interminabili ed infiniti, e la mia Volontà Divina faceva trovare alla mia Umanità tutte queste pene e croci, tanto che Essa Mi distendeva su tutta l’umana famiglia, dal primo fino all’ultimo uomo, ed Io assorbivo tutte le specie di pene in Me, ed ogni creatura formava la mia croce.
Sicchè la mia croce fu tanto lunga quanto è e sarà la lunghezza di tutti i secoli,
e larga quanto sono le umane generazioni.
Non fu la sola piccola croce del Calvario dove Mi crocifissero gli ebrei;
questa non era altro che una immagine della lunga croce in cui Mi teneva crocifisso la Suprema Volontà.
Sicchè ogni creatura formava la lunghezza e la larghezza della croce, e come la formavano restavano innestate nella stessa croce;
ed il Volere Divino, distendendomi su di essa e crocifiggendomi, non solo Lui formava la mia croce, ma tutti quelli che formavano detta croce.
Ecco, perciò avevo bisogno dell’ambito dell’eternità, dove dovevo tenere questa croce; lo spazio terrestre non basterebbe per contenerla.
Oh,
quanto Mi ameranno le creature, quando conosceranno ciò che fece la mia Umanità nella Divina Volontà, e ciò che Mi fece soffrire per amor loro!
La mia croce non fu di legno, no: furono le anime.
Erano loro che Me le sentivo palpitanti nella croce su cui Mi distendeva la Divina Volontà, e nessuna Mi faceva sfuggire;
a tutti davo il posto, e per dare posto a tutti Mi distendeva in modo sì straziante e con pene sì atroci, che le pene della Passione potrei chiamarle piccoli sollievi.
Perciò affrettati, affinchè il mio Volere faccia correre tutto ciò che questo Volere Eterno operò nella mia Umanità.
Questa conoscenza riscuoterà tanto amore, che le creature si piegheranno a farlo regnare in mezzo a loro”.
tratto Libro di Cielo [Volume quindici, 15-16 febbraio 1923]– Luisa Piccarreta